martedì 11 ottobre 2016

...ora possiedono te.


Qualcosa che era una bomba, una grossa bomba, aveva distrutto i miei originali tavolini Njurunda a forma di yin color verde ramarro e yang arancione, da incastrare insieme per formare un cerchio. Ora erano un cumulo di schegge. 
Il mio salotto Haparanda con le fodere arancione, firmato da Erika Pekkari, era un ammasso di immondizie. 
E io non ero il solo schiavo del mio istinto di nidificazione. Gente che conosco, che una volta andava a sedersi in bagno con una rivista pornografica, adesso va a sedersi in bagno con un catalogo dell’Ikea. 
Abbiamo tutti la stessa poltrona Johanneshov con lo stesso disegno Strinne a strisce verdi. La mia è precipitata per quindici piani, bruciando, dentro una fontana. 

Abbiamo tutti le stesse lampade Rislampa/Har costruite con filo di ferro e carta ecologica, non sbiancata. Le mie sono coriandoli. 
Tutte quelle sedute in bagno. 
Il servizio di posate Alle. Acciaio inossidabile. A prova di lavastoviglie. 
L’orologio Vild da anticamera, di acciaio zincato, oh, non avevo potuto farne a meno. 
La consolle a ripiani Klipsk, oh, sì. 
Le cappelliere Hemlig. Sì. 
Tutta roba che luccicava disseminata nella strada sotto il mio grattacielo. 
La mia parure coordinata Mommala. Disegnata da Tomas Harila e disponibile in quanto segue: 
Violetto. 
Fucsia. 
Cobalto. 
Ebano. 
Antracite. 
Bianco latte o vinaccia. 
Una vita intera per comprare questa roba. 
I miei tavoli Kalix dallo smalto fine per le occasioni. 
I miei tavoli da nido. 
Compri mobili. Dici a te stesso, questo è il divano della mia vita. Compri il divano, poi per un paio d’anni sei soddisfatto al pensiero che, dovesse andare tutto storto, almeno hai risolto il problema divano. 
Poi il giusto servizio di piatti. Poi il letto perfetto. Le tende. Il tappeto. 
Poi sei intrappolato nel tuo bel nido e le cose che una volta possedevi, ora possiedono te. 


da Fight club, di Chuck Palahniuk,
traduzione di Tullio Dobner



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